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A volte al simbolo accade che si moltiplichi. È il caso di Santa Agata, patrona di Catania, martire durante le persecuzioni sotto l'imperatore Decio nel 250 d.C. Il racconto del suo sacrificio narra che tra le tante torture le fossero
strappati o tagliati i seni. È per
questo che nella tradizione iconografica, da Piero della Francesca a Zurbaran,
la santa è rapprentata con la palma
del martirio in una mano mentre con l’alta regge un piccolo piatto su
cui si trovano i seni recisi, come una piccola natura morta. In questa incisione i simboli si sono
quadriplicati così come le braccia,
rendendo quasi inevitabile un accostamento con la dea indiana Kalì e
la greca Demetra di Efeso, in una
rappresentazione sincretica di una vergine martire cristiana che è, nello
stesso tempo, una divinità pagana misteriosa e potenzialmente pericolosa, come
il vulcano nello sfondo. La moltiplicazione del simbolo è tanto irrefrenabile, che se ne osservano visibili cenni anche nelle
cupole delle torri della cinta muraria e
nelle alte nuvole del cielo. |
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