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Sant'Antonio, le tentazioni
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Sant’Antonio era un eremita dell’Egitto vissuto tra III e
IV secolo e fondatore del monachesimo cristiano. Come altri anacoreti dell’epoca, abbandona la corruzione della città e si rifugia nel
deserto della Tebaide testimoniando la propria fede con una ascesi solitaria e
radicale. È proprio nel deserto che i
suoi discepoli lo troveranno privo
di coscienza e coperto di piaghe e ustioni. Erano i segni
della lotta con il diavolo che era
venuto a tentarlo con i suoi mostruosi assalti. Antonio vince le brutali tentazioni del Maligno e le fiamme
dell’inferno mostrando quel coraggio e quella fermezza che ebbero i primi martiri cristiani. E per questo
diventerà un santo molto amato e riconoscibile per via della tonaca monacale,
del bastone a forma di T e del
maiale, dal cui grasso si ricavavano quei linimenti, che erano l’unico rimedio contro
quel devastante “fuoco” che porta proprio il suo nome.
Per la popolarità del santo taumaturgo, Le tentazioni di sant’Antonio diventeranno uno dei
soggetti più frequentati nella storia della pittura europea. Il tema
della lotta tra il Male con le sue lusinghe e la sua proteiforme ferocia e la
solitudine del santo, armato della sola fede, ha percorso la storia dell’arte dal Rinascimento
fiammingo (Bosch, Brueghel o Grünewald)
fino alle avanguardie del Novecento (Max Ernst e Dalì). Le tentazioni
assumono forme fantastiche di animali ibridi, frutto di una contaminazione contro
natura, dove ogni limite tra il mondo umano e animale è cancellato. Oggi, nel
nostro mondo dominato dalla Tecnica, quei mostri inevitabilmente sono anche macchine e bestie nello stesso tempo, impegnate in una violenta lotta intestina e del tutto
estranee al Santo, che, assorto nelle sue meditazioni, è finalmente
libero da ogni loro maligna minaccia. |
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